LA STORIA DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA È INIZIATA CON ALESSANDRO

Alessandro Magno

Alessandro Magno è il padre ideale dell’Europa Unita. Negli articoli precedenti ho invitato i lettori e gli esperti della storia dell’integrazione europea ad allargare l’orizzonte sulla prospettiva del passato e ad andare ben oltre il XX secolo dell’era volgare, perché le origini del processo di unificazione europea sono collocate addirittura nell’età pre-cristiana: epoca con cui abbiamo perso ogni contatto, nonostante ci circondi tuttora con molte testimonianze nella nostra cultura tradizionale. Che andrebbe invece recuperata, se vogliamo ancora garantire un futuro all’Europa.

Anche perché nell’epoca delle “polys” (πόλις in greco), ossia diversi secoli prima della venuta di Gesù “detto il Cristo”, si possono ritrovare molti aspetti che costituiscono le fondamenta della nostra civiltà attuale. Mi riferisco in maniera specifica al concetto della “democrazia”, cui dovrebbe informarsi l’Unione Europea e tutti gli stati europei attuali, della “libertà”, che ultimamente scarseggia nelle nostre lande, e della “unione” di fronte ad un nemico comune, che sembra invece del tutto sparita dalla nostra esperienza più recente.

Se ho intitolato il mio saggio “STORIA DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA IN 2500 ANNI” non è per sfruttare le regole del marketing (che oggi domina qualsiasi scelta, persino di carattere politico): nella mia ventennale ricerca sulle radici del nostro continente, ho capito che la nostra storia è iniziata appunto più di tremila anni fa (nei prossimi articoli andrò più a fondo su questo punto) e ha cominciato ad essere la “storia dell’integrazione europea” intorno al V secolo a.C., in Grecia.

Proprio in quello stato massacrato negli ultimi anni da una crisi economica nata in un altro mondo (negli Stati Uniti) e propagatasi all’intero pianeta a causa del sistema finanziario-monetario odierno, che invece moltissimi secoli fa riuscì a fronteggiare una minaccia intuitivamente più pericolosa, ossia l’invasione dei Persiani, ad arrestarla e persino ad annientarla, appunto con l’avvento del monarca macedone Alessandro.

Nei fatti, nel 499 a.C. iniziò la grande operazione di conquista della penisola ellenica, che rappresentava la naturale estensione del già vastissimo impero achmenide: fondato da Ciro I “detto il grande” (uno degli “unti” di Dio) e giunto con Dario I (suo genero ed usurpatore del trono in accordo con l’aristocrazia persiane) ad occupare tutta lo spazio fra i fiumi Indo e Syr Darya in Oriente (la cd. “Aryarta”) e il basso corso del Danubio in Occidente (ossia la Tracia), fino al limitare del Nilo a meridione, nell’antico Regno d’Egitto di cui portava la corona di Faraone.

Guardare alla Grecia era nell’ordine delle cose per un impero che dominava su tutte le civiltà conosciute del tempo, da quella egizia all’indo-iranica, dall’assiro-babilonese agli antichi insediamenti anatolici e siriaci. Nell’immenso dominio di Dario I (che ora si faceva chiamare “Re dei re” e agiva come un “sovrano supremo” per conto del Signore-Dominus) si parlavano innumerevoli idiomi (tanto che i Greci li identificarono col termine βάρβαρος, ossia coloro che parlano lingue incomprensibili) ma si doveva adorare il Re “divino e giusto”, non solo perché rappresentava il Padre eterno celeste e fautore della verità e della giustizia, ma anche perché gli Achmenidi vantavano una discendenza divina, per l’appunto, nientemeno che dal mitico eroe Perseo, il fondatore della civiltà micenea e figlio di Zeus. Motivo in più per annettere all’impero “universale” anche la terra d’origine della sua dinastia…

In realtà, gli antichi erano uomini concreti e attenti agli aspetti importanti della vita. E non poteva sfuggire ai Persiani, che per quanto fossero considerati truci e barbari sfoggiavano una grandiosa antichissima cultura, quanto fosse bella, ricca e civilizzata la società greca, in particolare quella ateniese: dove proprio in quell’epoca erano apparsi i principali uomini di pensiero e di arte, che segnarono la storia e la civiltà europee nei secoli a venire.

Per citarne alcuni: Eschilo, drammaturgo e poeta, padre universale della tragedia che veniva rappresentava negli antichi teatri greci, di cui conserviamo diversi esempi anche in Italia; Erodoto, storico e politologo, considerato dagli antichi il maestro della Storia, il quale cercò di spiegare proprio le cause delle Guerre Persiane; Fidia, colui che trasformò la scultura e l’architettura in opera d’arte ispirata dalla divinità; e Parmenide, uno dei primi filosofi greci che cercarono di comprendere la Natura e la Verità dell’Essere eterno, attraverso l’osservazione e la meditazione.

Sarebbe stato solo l’inizio di una civiltà nuova fondata sullo spirito di indipendenza (che col tempo venne definita libertà), di intraprendenza e di comunanza dei Greci. Divenuti nei secoli i “maestri” e l’esempio del bello, del giusto e del vero per tutti i popoli entrati a pieno titolo nella storia dell’integrazione europea, fino ai giorni nostri. Proprio quello spirito che le diverse e numerose città-stato elleniche di cui sopra seppero contrapporre al pericolo dell’invasione, che avrebbe annesso la Grecia all’immenso regno totalizzazione orientale.

A guardarla col senno di poi, la sfida militare era già segnata: la massa indistinta di soldati approntata da re Serse per conquistare l’Hellas non sarebbe mai stata in grado di sconfiggere le truppe di opliti spartani, la ricca flotta ateniese, le antiche orgogliose genti guerriere achee e tebane. Infatti, si susseguirono le clamorose pesanti sconfitte dei Persiani a Maratona (490 a.C.), alle Termopili e a Salamina (480 a.C.) e infine a Platea (479 a.C.), che pose fine al conflitto e le basi della definitiva indipendenza dei Greci dall’impero persiano.

Ma la superiorità dei Greci stava soprattutto nel loro incredibile spirito di sacrificio per la “patria”, che portò i famosi “300 Spartiati” a fronteggiare per giorni le truppe persiane sul passo delle Termopili, già consci della loro fine di indomiti eroi-leoni. Fu così anche per Megara, sacrificata per salvaguardare il Peloponneso, Corinto e Argo, lasciata sola a difendersi da due milioni di soldati persiani, la cui polvere sollevata in marcia era visibile dalla navi ateniesi che a Salamina affondavano la flotta nemica. Infine, a Platea dove il coraggio dei Tegeati ruppe gli indugi degli attendisti e permise di respingere l’assalto del nemico, dando via alla clamorosa ecatombe dell’esercito persiano.

Le ripetute sconfitte sul campo scaturivano dalla evidente superiorità militare/strategica dei Greci, che infine imposero un accordo ai rivali d’oltremare: essi non avrebbero più dovuto attaccare le antiche città greche sulle coste anatoliche, che da quel momento quindi potevano considerarsi indipendenti dall’impero acmenide; nemmeno avrebbero più potuto oltrepassare il limite dell’Ellesponto, ossia il tratto di mare che divide geograficamente l’Europa dall’Asia; e tantomeno inviare navi da guerra nel Mar Egeo o nel Mar Mediterraneo orientale. Di fatto, veniva delineato il confine ideale fra il mondo greco-occidentale e quello persiano-orientale, fra l’Europa e l’Asia.

Iniziava, perciò, in quel momento, dal mio punto di vista, la storia dell’integrazione europea: se da un lato, infatti, i Persiani erano costretti a riconoscere l’esistenza di una forza politico-militare sovrana ad Occidente (che peraltro da tempo aveva già colonizzato gran parte delle coste settentrionali del Mare Mediterraneo e del Mar Nero), dall’altro questa civiltà in via di sviluppo avrebbe dato vita ad un “nuovo mondo” e un nuovo ordine internazionale, in un continente di cui si conosceva ancora ben poco ma che molti chiamavano già “Europa”, in onore al mito antico e ad un sogno della dea Afrodite.

Tempo dopo quella florida civiltà ispirata dagli Dèi Olmpiadi, dal libero pensiero, dal gusto del bello e della verità, dallo spirito di Odisseo, di Achille e di Ercole, decise che l’epoca dell’impero persiano era terminata e iniziava quella ellenistica: fu Alessandro III “detto il grande” Re di Macedonia a convincere i popoli greci che era possibile allargarsi a Oriente a discapito della decadente potenza achemenide (anch’egli vantava origini divine e ad un certo punto iniziò a farsi definire “figlio di Zeus”), conducendoli alla conquista di tutto il mondo conosciuto (detto “Oykumene”, dal greco οίκουμένη) per soggiogarlo.

Fu un’impresa degna dì un popolo e di una civiltà superiori, capace di credere nei sogni e nell’aldilà, nel proprio spirito e nella Fortuna. Consapevoli della propria forza militare, culturale e spirituale, i Greci giunsero fino alle rive dell’Indo e degli altri fiumi che delimitavano il mondo ariano antico, segnando la svolta decisiva per la storia dell’integrazione europea e dell’intera umanità. Un esempio eccellente di Europa Unita.

 

Suggerisco questo importantissimo saggio sulle radici del nostro continente, in forma di dialogo fra due dei massimi studiosi francesi della storia dell’integrazione europea, J-P.Vernant e J.Le Goff, entrambi citati spesso nel mio libro.

Tutto l’argomento della genesi dell’Europa è trattato in modo approfondito nella Parte IV del Libro. Per farsi l’’idea più completa degli schemi genealogici e dei rapporti fra le casate e i regni/paesi europei vi invito a visionare le Appendici: un supporto utile a capire la storia dell’integrazione europei e le origini e radici dei popoli e degli Europei. Potrete aiutarvi anche consultando le Cartine storiche originali De Agostini allegate al fondo del libro. Approfondire l’argomento e l’intera materia consultando il Catalogo.

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Di Alessandro Magno si parla anche nel mio libro

STORIA DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA IN 2500 ANNI

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