Nella vicenda prioritaria dell’agenda politica internazionale inerente la guerra in Ucraina, uno degli argomenti più dibattuti, che ha connessioni dirette con la storia dell’integrazione europea con l’Europa Unita nonché ovviamente col futuro dell’Europa, è stato il Principio di autodeterminazione dei popoli e degli stati.
Invocato dalla Russia per giustificare l’intervento a protezione della popolazione russa residente negli Oblast del Donbass che si son dichiarati indipendenti dall’Ucraina, è stato rivendicato dalla stesso stato slavo per avvalorare la scelta di aderire all’Unione Europea e alla Nato. L’autodeterminazione di una nazione è un atto contemplato dal diritto internazionale col quale si mira ad ottenere la piena e riconosciuta sovranità giuridica, e quindi politica, nell’ambito delle relazioni fra gli stati della Terra. Un principio talmente importante che è divenuto uno degli 8 punti essenziali della parte iniziale della Carta istitutiva delle Nazioni Unite, che quasi tutti gli stati sovrani esistenti hanno pertanto accettato nel momento in cui aderivano a quell’organizzazione globale.
In verità fu il punto più conteso nelle trattative che portarono le potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale a redigere la costituzione dell’Onu: infatti, la visione dei diritti e dei poteri riconosciuti ai soggetti sovrani era profondamente diversa fra gli stati occidentali, ispirati a una cultura politica di stampo liberal-democratico, e gli antichi ed enormi stati orientali dell’Unione Sovietica e della Cina, guidati invece dalla logica del socialismo reale e della geopolitica tradizionale.
Fatto è che quel principio inscritto nella Carta dell’Onu divenne fondamentale per numerosi processi politici dei decenni a seguire: già negli anni Cinquanta/Sessanta del XX secolo fu applicato alla “decolonizzazione” di Africa e Asia sud-orientale dal dominio coloniale europeo; fu poi rivendicato per decenni dall’OLP (soggetto riconosciuto e dotato di sovranità con un voto dell’Assemblea Generale dell’Onu), nella sua lotta di liberazione da Israele; quindi servì agli stati balcanici secessionisti dell’ex-Jugoslavia, alla scissione pacifica della Cecoslovacchia e alla Transnitria (distaccatasi recentemente dalla Moldavia).
La problematica legata al principio di autodeterminazione è l’attivazione immediata dello Jus ad Bellum e dello schieramento delle potenze/stati internazionali, che nel “riconoscere” un movimento di liberazione nazionale attribuiscono regolarità alle truppe combattenti. La legalità degli aiuti militari alle parti in conflitto, invece, ha a che vedere con le regole della guerra (Jus in Bello), dove il riconoscimento non ha significato a differenza dell’appoggio ufficiale al fianco di una delle parti belligeranti: ed è ciò cui stiamo assistendo per l’Ucraina, con la Nato che minaccia l’intervento a sua difesa (per controbilanciare la posizione russa) ma non compie il passo decisivo e però pretende di fornire impunemente armi ai combattenti ucraini. In ogni caso, tale principio rientra nei valori dell’Unione Europea, che adotta e si sottopone ai Principi erga omnes vigenti nella Comunità internazionale.
Anche perché l’autodeterminazione è stato il movente su cui si è formata l’Europa odierna: il primo caso fu, infatti, il Portogallo che nel 1143 d.C. si proclamò regno indipendente dalla Castiglia-y-Leòn, sostenendo una dura guerra perdurata per secoli; seguì la Francia (1215) con il pronunciamento del brocardo superiorem non reconosces nei confronti del Reich a seguito della vittoriosa “Battaglia delle Nazioni”; quindi la Scozia che nel 1314 conquistò sul campo l’indipendenza dall’Inghilterra; venne poi la Svizzera (1499), dopo una lunga guerra contro gli Asburgo grazie all’appoggio della Francia; infine, i Paesi Bassi che dopo un lunghissimo conflitto contro l’Impero cristiano, grazie al sostegno dell’Inghilterra dei Tudor ottenne il pieno riconoscimento europeo nel 1648 alla Pace di Westfalia.
Quello fu il punto di svolta della Storia d’Europa: nasceva infatti un Nuovo Ordine Internazionale fondato sul cd. “stato moderno”, sulle relazioni internazionali e sulla prassi della diplomazia e del riconoscimento reciproco, nell’ambito dello Ius Publicum Europeum. Nuovi stati sorsero in Europa a seguito delle “rivoluzioni nazionaliste” avvenute in Inghilterra, negli USA e in Francia fra XVII e XVIII secolo, che condussero all’epoca napoleonica e ad una nuova svolta con la Pace di Vienna (1815): un Nuovo Ordine Internazionale venne definito intorno all’Equilibrio garantito dalla Restaurazione dell’ancien regime di diritto divino, alla neutralizzazione con trattato della Svizzera, all’indipendenza delle Americhe, sotto il dominio del Leviathan che si sostituiva al Sacro Romano Impero, estintosi dopo 1000 anni! Nonostante le alleanze difensive poste in essere dalle grandi potenze militari vincitrici a Waterloo, egemoni in Europa e nel mondo sfruttando le relazioni internazionali e il diritto europeo, emersero nel 1830 il Belgio (autodeterminatosi dai Paesi Bassi) e la Grecia (resasi indipendente dall’Impero turco), quindi la Germania e l’Italia (1861-66, dopo guerre d’indipendenza contro l’Impero austriaco), l’Ungheria nel 1867 (ottenne un’ampia autonomia con la costituzione concessa dagli Asburgo), Bulgaria, Romania, Serbia nel 1878 (guerre d’indipendenza dai turchi).
Una vera rivoluzione politica avvenne in Europa dopo la Prima Guerra Mondiale: il Trattato di Sévres riconobbe l’indipendenza ai nuovi stati nazionali di Cecoslovacchia, Polonia, Ungheria e Austria (1919), nell’ambito di un Nuovo Ordine Internazionale ispirato al multilateralismo e al Covenant della Società delle Nazioni voluto dagli stati Alleati e vincitori del conflitto (Usa, Gran Bretagna e Francia). Contemporaneamente, venivano riconosciute indipendenti dall’Impero russo le repubbliche baltiche (Lituania, Estonia e Lettonia) e la Finlandia.
Al termina della Seconda Guerra Mondiale si impose un Nuovo Ordine Internazionale sancito dalla Carta dell’Onu (1945) e dalle potenze globali/geopolitiche economiche e militari vincitrici ed egemoni (Usa, Gran Bretagna, Francia, Urss e Cina controllavano l’80% della Terra!), cui venne riconosciuto il diritto esclusivo di uso dell’arma atomica. Fu l’inizio dell’epoca del diritto internazionale, del multilateralismo, del comunitarismo e delle alleanze difensive regionali: in quello scenario fu istituita l’UE, mediante una sequenza di Trattati che definiscono e ispirano il Diritto Comunitario, ampliatasi dagli stati fondatori all’Europa intera attraverso processi di Allargamento e d’Integrazione europea.
Con la Brexit (2019), il Regno Unito si è autodeterminato dall’UE (seppure neghi il medesimo diritto alla Scozia, mentre riconosce quello dell’Irlanda del Nord sull’Eire), sebbene lo stesso principio sia stato rinnegato alla Catalogna proprio dalle istituzioni e dagli stati dell’UE. La Svizzera rimane “indipendente” insieme alla Norvegia e a quegli stati balcanici non “riconosciuti” democratici dall’UE, mentre questa ambisce ad includervi stati non europei quali Israele, la Turchia, la Georgia, l’Armenia e l’Ucraina appunto.
(Per comprendere meglio il percorso di autodeterminazione degli stati europei si vedano le Cartine De Agostini allegate al saggio – vedi il Sommario libro).
Ma come dicevo sopra, fu proprio il Principio di Autodeterminazione all’origine della formazione della stessa Europa. Sin dal V secolo a.C. quando i greci si opposero all’invasione dell’Impero Persiano e imposero loro il “confine” non valicabile sull’Ellesponto, che divise per sempre l’Occidente dall’Oriente! Dieci secoli più tardi, l’autodeterminazione portò i popoli barbari ospitati nel’Impero romano a costituirsi in regni indipendenti, ricondotti al sistema imperiale bizantino col “riconoscimento” a regna: secoli dopo diedero vita ai principali stati occidentali (Francia, Spagna, Inghilterra e Italia, divenuto il Regnum sede del rinnovato Imperium Romanorum carolingio). In quell’epoca si ebbe una differenziazione etnica anche in Scandinavia, che determinò la nascita dei regni di Norvegia, Svezia e Danimarca. Infine, nel X secolo in Europa Orientale sorsero i regni etnici di Polonia, Boemia e Ungheria, sotto egida del Reich tedesco (che li riconobbe nell’ambito della ResPublica Chistiana) mentre nella sfera d’influenza di Costantinopoli ricevevano dignità regale o principesca i Russi, i Bulgari, i Serbi e i Croati, vigente l’antico Ius Publicum Romanum. Dopodiché l’Europa Unita visse per secoli sotto l’Acutoritas dell’Impero cristiano e delle Genealogie Europee.
Secondo la teoria dell’Ordine Internazionale, dall’inizio dell’Età Moderna (XVI d.C.) ogni 100 anni avviene un cambio di regime, secondo modalità e regole delineate che includono violazioni delle leggi vigenti da parte di potenze emergenti, che infine si arrogano il diritto di definite il nuovo ordine. Sarà così anche nel XXI secolo?
La vicenda delle repubbliche autodeterminatesi del Donbass, riconosciute dalla Russia ma non dagli stati occidentali, rientra nella normale dialettica cui siamo stati abituati dalla “guerra fredda”, cui abbiamo già assistito con la guerra nell’ex-Jugoslavia e con il tentativo del Kosovo (anni Noovanta). Ma la crisi ucraina troverà una risoluzione in funzione del Nuovo Ordine che si instaurerà in Europa e nel mondo nei prossimi anni: rimarrà vigente il sistema UN-multilaterale riformato, al’interno del quale l’Europa Unita avrà un proprio posto/ruolo in qualità di soggetto politico autodeterminatosi? Nascerà invece un sistema “imperialista” di confronto globale fra superpotenze mondiali/regionali (NATO, CSI, Cina, India, Iran, Lega Araba)? O si imporrà lo Stato unico globale denunciato dai “complottisti” e voluto dalle élite mondialiste massoniche illuministe? Oppure assisteremo alla “fine dello Stato” e al ritorno sostanzialmente all’anarchia originaria dell’Umanità, quale esito del trionfo dell’autodeterminazione e del riconoscimento reciproco? Chi sopravvivrà, vedrà…
Per comprendere meglio questo articolo è utile consultare le Appendici al Libro prodotte dall’Autore, che trovi nel Catalogo, e le Cartine Storiche De Agostini allegate al saggio.
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Autodeterminazione
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2 – quale Europa per il futuro?
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7 Il processo di integrazione europea inizia con Alessandro
9 l’integrazione dei barbari nell’Impero Cristiano
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18 l’evoluzione del diritto nel’Europa integrata
L’UE post-2020: analisi e prospettive per il futuro (Dati&Report)
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