L’INTEGRAZIONE DEI BARBARI NELL’IMPERO CRISTIANO

impero cristiano

Al volgere del III secolo dell’era volgare la situazione generale in Europa cambiò decisamente, con risvolti che incisero profondamente sulla storia dell’integrazione europea. L’Impero Cristiano dovette fronteggiare le invasioni barbariche da nord e da est ed integrare quei popoli nell’Europa Unita in fieri. Se la lotta dei Greci contro l’Impero persiano era servita a renderli liberi e a segnare il confine ideale e geografico col mondo orientale, ereditandone la visione “universale” del Regnum, l’epopea di Roma aveva orientato il processo di integrazione europea verso il cuore del continente, portandosi appresso la tradizione dei pensatori ellenistici e i culti religiosi orientali.

Quel mix di conoscenze e credenze antichissime portò allo sviluppo del Neoplatonismo, una corrente di pensiero che sintetizzava la filosofia greca con la visione olistica delle concezioni orientali più antiche. In particolare rispetto all’idea che esistesse un Essere unico divino da cui promanava il Tutto, regolato e modellato dal Demiurgo. Una visione che ha attraversato tutta la storia del pensiero europeo fino all’età moderna, imprimendosi profondamente nel pensiero politico del tardo Impero.

Ma dall’Oriente provenivano anche i diversi culti diffusi nell’Imperium, ove vigeva la piena tolleranza religiosa e tutti gli abitanti erano ormai divenuti Cives. Così, accanto ai tradizionali riti pagani romani, che facevano parte anche della liturgia politico-istituzionale sin dai tempi della Res Publica, si diffusero i culti egizi di Iside e Horus, quelli greco-macedoni relativi agli Dei Olimpiadi, insieme al Mitraismo, alla religione del Dio Sol-Baal, all’Ebraismo e al nuovo culto del Cristianesimo.

Nulla che potesse impressionare i governatori dell’Impero romano, giunto al culmine della sua potenza, espansione e magnificenza. Finita l’epoca degli imperatori “adottati”, che avevano già trasformato il Principato augusteo in una monarchia di tipo assoluto (seppur rimanendo nell’ambito della tradizione repubblicana dello stato di diritto, divenuta universalis con Adriano), seguì la Dinastia dei Severi, che diede inizio ad una ininterrotta serie di eventi che, infine, portarono la storia dell’integrazione europea su altri lidi.

I membri della famiglia di Settimio Severo, influenzati dalle donne Giulia di casa e dal culto del Dio Baal proveniente da Emesa/Homs, iniziarono a connotare la figura dell’imperatore di un’aura di divinità orientaleggiante, benché già Augustus Caesar et Princeps da sempre (così rimase la titolatura ufficiale fino al XIX secolo d.C.!). Ma la latente crisi economica e monetaria spinse la classe dei militari, in gran parte adepti del culto di Mitra, a prendere il sopravvento sul Senatus, dando luogo all’epoca “anarchica” che portò guerre, distruzioni e divisioni infinite (durata circa settanta anni). Cui pose fine la provvisoria rappacificazione di Diocleziano, il quale impose il modello “tetrarchico”: due Augusti e due Cesari si divisero il governo, con la successione già stabilita. Soprattutto, egli si definì “Dominus et Deus” e creò le Dioecesis.

L’Imperator divenne così il Vicario di Dio sulla Terra, incorporando quindi sia la figura del Demiurgo, sia quella del Signore unico e assoluto orientale, ossia il Re dei Re del Regno eterno di Dio (Reich). Inoltre, venne istituzionalizzata anche l’idea dinastica del potere, che ora si trasmetteva ad un erede già designato e consacrato, nonché membro della famiglia imperiale. I cui rapporti di sangue iniziavano ad avere la loro importanza, vista l’origine incerta dei nuovi sovrani e considerata la tradizionale ascendenza patrizia dei predecessori. Una riforma che si accompagnava alla ormai inevitabile spaccatura dell’Impero fra mondo greco-orientale (ellenistico) e mondo latino-occidentale, condizionato dal rapporto sempre più intenso con i Barbari del Nord.

Gentes germaniche e gotiche che da tempo premevano sul Limes, fronteggiate dai Romani grazie alla ininterrotta serie di Castra e Colonie poste lungo i corsi dei fiumi Reno e Danubio, ben difese ma “aperte” alla relazione commerciale e diplomatica coi Barbari. Tanto che i barbari divennero alleati dei Romani nelle guerre contro i Parti o gli imperatori “usurpatori” del III secolo o le invasioni dei popoli asiatici. In particolare, Franchi, Suebi, Alamanni, Goti e Burgundi aiutarono Aureliano contro la Regina Zenobia, ricevendo l’onore di sfilare in trionfo a Roma nel 270.

Accolti dalla tradizionale “hospitalitas” romana entro i confini, ricevettero dei Foedus di “adesione” offerti dal Senato già a fine IV secolo, non appena consumata la definitiva scissione dell’Impero Cristiano fra Pars Occidens (Diocesi di Spagna, Britannia, Gallia-Sette Province, Italia e Città di Roma, Africa) e Pars Oriensis (Grecia, Macedonia, Mesia,Tracia, Asia, Ponto, Oriente, Egitto): una suddivisione amministrativa su cui si costruì nei secoli a venire la storia dell’integrazione europea.

E quando l’Impero Romano d’Occidente venne definitivamente archiviato (476), quei popoli barbari divennero i nuovi governatori “de facto” delle Diocesi romane, dando vita ai cd. “regni romano-barbarici”, che sorsero solo grazie all’abilità dei giuristi di Costantinopoli e alla lungimiranza universalistica degli Imperatori orientali.

Infatti, grazie al Diritto Romano, in particolare all’antico Ius Publicum, fu possibile riorganizzare la parte occidentale in Regna (norma Divisio Regnorum) temporanei ma sempre soggetti all’Auctoritas Imperatoris tradizionalmente associata al Princeps dai tempi di Augusto. Inoltre, la lex romana fu in gran parte adottata dai “new comers” e infusa nei Codici di diritto barbarico emanati nei regna dei Burgundi, dei Franchi e degli Ostrogoti agli inizi del VI secolo. Atti ufficiali riconosciuti da Costantinopoli in virtù del ruolo di Rex Gentium et Romanorum che gli Augusti orientali assegnavano ai capi delle tribù germaniche/gotiche insediatesi nelle Diocesi.

Peraltro, questo passaggio fu possibile grazie ad un altro strumento giuridico che gli imperatori bizantini dovettero utilizzare spesso per gestire le problematiche in Pars Occidens, ossia la concessione del titolo di “patricious a coloro che detenevano il potere politico-militare effettivo: ciò avvenne in particolare per i generali imperiali Ezio, Stilicone e Ricimero, tutti di origine mista barbaro-romana, decisivi nella lotta finale contro gli Unni e i Goti del V secolo, capaci peraltro di tenersi buoni i tradizionali alleati sopra citati. Con quell’atto divennero membri del Senatus (Homini Novii) e abilitati perciò agli incarichi nelle Magistrature superiori, nonché a divenire parte integrante della casta aristocratica-clericale romana attraverso i rapporti matrimoniali.

Una prassi che si rivelò utilissima in seguito con i Re barbarici: infatti, Gundebaldo dei Burgundi e Teodorico I degli Ostrogoti ricevettero il riconoscimento a patrizi di Roma; dopodiché allacciarono intrecci matrimoniali con la Dinastia dei Merovingi che controllava le Gallie; creando così una rete di discendenze di sangue che permise di dare legittimità regale anche alle successive dinastie visigote di Spagna (i Perez del Regno di Leòn) e a quella franca dei Carolingi!

Il legame di sangue, già pienamente riconosciuto dalla cultura germanica (“stirpe”), divenne perciò il principale mezzo giuridico per tenere in piedi l’Impero Cristiano fino alla sua fine nel XIX secolo! Gli abili giuristi bizantini elaborarono la teologia regale “Familia Reges Christianorum”, che riconosceva membri della famiglia “divina” imperiale cristiana tutti i re e i successori che accettassero la consacrazione ortodossa e si impegnassero nell’evangelizzazione dell’Europa alto-medievale.

Il terzo elemento che segnò questa importantissima fase della storia dell’integrazione europea fu la totale conversione dell’Imperium Romanum al Cristianesimo. Un passaggio di tale portata, complesso e delicato, che preferisco trattarlo nel prossimo articolo. Nel crogiolo di culture, religioni e conoscenze antiche che era diventato l’Impero romano, frutto delle continue conquiste e annessioni di popoli, civiltà e culti di ogni provenienza, fu l’Evangelium del “cristo” della Giudea (leggi in proposito l’articolo sulla Pasqua) ad emergere quale unica religio ammessa e diffusa ai quattro angoli dell’oykumene romana, dapprima europea e in seguito mondiale. Ma come e perché ciò avvenne lo vedremo nel prossimo passaggio.

 

Nello studiare la storia dell’integrazione europea è inevitabile affrontare il tema delle radici del nostro continente: è l’argomento principale del saggio di M.Rouche, che racconta le società formatesi all’indomani della caduta dell’Impero Romano d’Occidente e infine accomunate da elementi cristiani, romani e germanici e dall’influenza del cristianesimo. Vale anche l’opera del Prof. Manlio Simonetti, filologo e studioso di Patristica, membro dell’Accademia dei Lincei, che offre una lettura articolata del periodo più complesso della storia dell’integrazione europea (fra la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e la comparsa di Carlo Magno).

Tutto l’argomento della Cristianizzazione dell’Europa è trattato in modo approfondito nella Parte III del Libro. Per farsi un’idea più completa degli schemi genealogici e dei rapporti fra le casate e i regni/paesi europei vi invito a visionare le Appendici: un supporto utile a capire la storia dell’integrazione europei e le origini e radici dei popoli e degli Europei. Potrete aiutarvi anche consultando le Cartine storiche originali De Agostini allegate al fondo del libro. Approfondire l’argomento e l’intera materia consultando il Catalogo.

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