La storia dell’integrazione europea è fortemente e indissolubilmente legata alla storia del Cristianesimo. Non solo dal punto di vista religioso, sebbene per secoli ogni angolo del continente sia stato pervaso dal culto di Gesù “il cristo”, quanto per il fatto che la formazione degli stati nazionali e delle relative comunità civili ha subito il condizionamento, tanto che l’Europa è riconosciuta da tutti come la terra dei “cristiani”.
Anche se l’origine della religione cristiana è in Palestina, all’incirca 2000 anni orsono, quando Yoshua ben Yosif della stirpe di Davide iniziò la sua missione evangelizzatrice sia nel Regno di Giudea, sia nelle aree circostanti alla valle del Giordano e di Israele, sotto la regnanza di Erode “detto il grande” e dei suoi figli (di stirpe edomita, ossia discendenti da Esaù, fratello di Giacobbe-Israele antico avo di Gesù), a loro volta assoggettati alla dominanza militare di Roma.
La Palestina era la “terra promessa” al popolo israelita, ossia ai discendenti delle 12 tribù generatesi da Giacobbe e destinatari di un premio da Dio se lo avessero seguito nella fuga dall’Egitto (leggi l’articolo sulla Pasqua) e gli fossero rimasti sempre fedeli. Con quello spirito, riuscirono così a raggiungere quel sito, a conquistarlo e formare il Regno di Israele, sottoposto all’autorità di YHWH. Che dal 966 a.C. andò a risiedere stabilmente all’interno del Tempio, eretto e dedicato in suo onore dal Re Salomone.
In seguito, avendo perso la fede nel “dio unico” del deserto, gli Israeliti furono puniti con la sottomissione ai Babilonesi (che li deportarono in massa a Babilonia e in parte li dispersero), cui seguì la conquista dei Persiani ad opera di Ciro “il grande” (nel VI secolo a.C.), divenuto il nuovo Messiah del Signore sulla promessa di riedificarne il Tempio nella sua sede di Gerusalemme.
Intorno al palazzo divino si riformò la comunità israelita, ormai divenuta “ebraica” a causa della riforma religiosa intercorsa (Libro di Esdra), dopo il mescolamento dei sopravvissuti delle tribù originarie con altri popoli ivi stanziali, sottoposti all’autorità dei Sacerdoti sadducei del Sinedrio. I quali, secoli dopo, misero a morte Gesù Cristo perché lo ritenevano un impostore blasfemo, nonché un pericoloso rivale al potere consolidato della casta religiosa dei Leviti, che controllava quasi ogni aspetto della vita dei suoi fedeli e gestiva i rapporti politici con gli invasori che si susseguivano (Egizi, Greci, Siriaci), inclusi i nuovi padroni Romani.
Ma l’esecuzione di Gesù “re dei Giudei” determinò due aspetti decisivi per l’intera storia dell’integrazione europea: la scissione insanabile e tuttora latente fra gli ebraici e i cristiani e la fine del Regno divino di Israele, conquistato e annesso dai Romani nel 70 d.C.. Che comportò anche la distruzione definitiva del Tempio di Salomone (ma avrà una valenza simbolica indelebile per tutta la storia del Cristianesimo) e la dispersione del popolo ebraico (Diaspora) nelle terre dell’Imperium, completata quando Adriano fece radere al suolo l’antica Salem per riedificarla con altro nome e forma (130 d.C.).
La fuga dalla Palestina riguardò sia la casta sacerdotale del Sinedrio, che trovò buona ospitalità in Roma stessa, dove ebbe accesso alle magistrature e infine al Senatus, fra le famiglie patrizie e aristocratiche che amministravano l’Impero Romano e detenevano il potere legislativo e giurisdizionale supremo. Ma emigrarono in Europa anche i “discepoli” di Gesù, dei quali si hanno tracce soprattutto in Pars Occidens, a Roma, nella “finis terrae” iberica, nella zona di Massilia e nel sud della Britannia.
Sebbene si tratti perlopiù di leggende (che la ricerca storica/scientifica al momento non è riuscita ancora a dimostrare, ma nemmeno a smentire), ebbero un’influenza tale sulla credenza popolare che già nel III secolo d.C. i “christianòs” erano la maggioranza della popolazione dell’Imperium, soprattutto nella Pars Oriensis. Sorsero comunità nelle più importanti città dell’Impero, da Roma ad Alessandria, da Antiochia a Tessalonica, e lungo i corsi del Reno del Rodano e della Senna, che insieme costituivano una forza religiosa, sociale ed economica imponente, denominata “Charitas”. Ovviamente, essa era malvista dal potere politico imperiale, nonché dal popolo romano pagano e dagli stessi ebraici, che comunque mantenevano viva la loro comunità dispersa ma tenuta assieme dal Sinedrio (è così ancora oggi).
Queste ultime due fazioni si allearono per debellare i cristiani, attraverso numerose persecuzioni: “ad personam”, di cui caddero vittime gli stessi Apostoli di Gesù e molti dei suoi Discepoli più famosi, nonché migliaia di “santi martiri” dei primi secoli del Cristianesimo, giustiziati per il fatto di non riconoscere l’autorità divina dell’Imperatore; o quelle di massa, soprattutto durante l’epoca anarchica dell’Impero, quando sacrificare un cristiano era spesso un rito religioso o semplicemente un atto di propaganda e uno show per divertire il popolo nei teatri.
La contesa divenne durissima, al punto che la classe dell’antica aristocrazia romana decise di trasformarsi in casta clericale (più che altro per salvaguardare i propri diritti e beni immobiliari) e assumere così la guida della comunità cristiana, ricoprendo gli incarichi episcopali e direttivi all’interno dell’Ecclesia Christiana (grande assemblea del “popolo di Cristo”). Questa decisione squilibrò i rapporti di forza nel conflitto in corso e portò, infine, alla vittoria militare decisiva di Costantino: il quale, sebbene fosse un convinto mitraista e guerriero di lungo corso, appoggiato dalle legioni del nord in cui servivano moltissimi “barbari” germanici e gotici, scelse la via dell’accordo politico per riportare la pace nell’Impero.
Così, dopo aver riunificato a sé il potere politico, elaborò una struttura organizzativa doppia: da una parte le antiche magistrature civili e militari, che governavano le città le province e le legioni in ogni angolo dell’Impero; dall’altra la gerarchia religiosa, ormai organica all’Impero e gestita dal Concilium, di cui l’Imperator “Sol Invictus” era il capo in virtù dell’antico ruolo di Pontifex Maximus. Dopodiché Costantino decise di spostare la capitale imperiale nell’antica città greca di Byzàntion (poi rinominata Costantinopoli a suo onore secondo l’usanza degli antichi “re divini” orientali), più strategica nel controllo dei traffici commerciali col ricco Oriente e delle vicende interne all’Imperium, che rimaneva in gran parte popolato nella sua parte orientale.
Roma divenne allora la capitale dell’amministrazione religiosa, la sede della Curia formata dalla casta di clericales (incluse diverse famiglie sacerdotali ebraiche) e controllava direttamente i domini e i beni patrimoniali imperiali, grazie alle antiche prerogative del Senato cui s’era sostituita definitivamente dal 380 d.C.. Le famiglie “papaline” possedevano enormi latifondi nell’area del Latium e in altre province del centro-sud Italia, ereditate dalle antiche famiglie senatorie ed equestri di età repubblicana, e potevano ora gestire le immense “donazioni” affidate dai fedeli alla Charitas in ogni angolo dell’Impero, nominandone gli amministratori e i tenutari.
Da quella situazione si evolse verso l’Impero Cristiano, quando l’Imperatore Teodosio I si sottomise di fatto (e di diritto) all’autorità del Vescovo di Milano, Sant’Ambrogio, ed emanò l’editto con cui dichiarò il Cristianesimo unica religione ammessa nell’Impero (391 d.C.), annullando così l’antica alleanza con gli ebraici e la tradizionale tolleranza religiosa attuata da sempre nel diritto romano.
Così facendo, l’Impero cristiano si sostituiva e perpetuava il “Regno di Dio in Terra”, incluso il Regno di Israele scomparso e debellato dagli stessi Romani. Inoltre, diveniva strumento di proselitismo del Cristianesimo, assumendo la missio apostolica di convertire alla nuova religione tutte le gentes incontrate (come comandato agli Aspostoli da Gesù stesso risorto, durante la parousia), secondo la linea impostata da San Paolo (rivolgersi anche ai “gentili” e ai pagani) ed abbracciata dalla maggioranza e dalla élite cristiane nel IV secolo d.C..
Fu l’inizio di un processo di cristianizzazione che influenzò decisamente la storia dell’integrazione europea, come vedremo nei prossimi articoli.
Al proposito, leggi il classico della letteratura italiana e mondiale di B.Croce “non possiamo non dirci cristiani”.
Tutto l’argomento della Cristianizzazione dell’Europa è trattato in modo approfondito nella Parte III del Libro. Per farsi un’idea più completa degli schemi genealogici e dei rapporti fra le casate e i regni/paesi europei vi invito a visionare le Appendici: un supporto utile a capire la storia dell’integrazione europei e le origini e radici dei popoli e degli Europei. Potrete aiutarvi anche consultando le Cartine storiche originali De Agostini allegate al fondo del libro. Approfondire l’argomento e l’intera materia consultando il Catalogo.
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