CRISI IN UCRAINA

crisi in ucraina

La crisi in Ucraina è la vicenda prioritaria dell’agenda politica internazionale perché ha connessioni con la storia dell’integrazione europea e con l’Europa Unita, nonché col mercato unico e con le politiche europee, con la difesa comune dell’Unione Europea e ovviamente col futuro dell’Europa.

Tutto iniziò nel 2004 con la “rivoluzione arancione” avviata dagli anti-comunisti con l’intento di portare l’Ucraina nell’UE, col sostegno esplicito degli Stati Uniti e dei paesi europei occidentali: infatti, dieci anni dopo il presidente ucraino sottoscrisse un Accordo di associazione all’UE scatenando la rivolta di gran parte della popolazione, sfociata nella guerra civile del Donbass (una regione orientale) che condusse alla dichiarazione d’indipendenza degli Oblast di Doneck, Luhans e Crimea. Quest’ultima, dopo aver chiesto l’intervento della Russia, tenne un referendum popolare per l’autodeterminazione e l’annessione, nel rispetto di uno dei principi fondamentali del Diritto Internazionale, e divenne territorio della Repubblica Federale di Russia. Aprendo anche sul piano politico globale la crisi in Ucraina.

In quel decennio si sono susseguiti diversi presidenti, spesso al centro di inchieste o arresti, in rappresentanza dei due grandi schieramenti politici ucraini, ossia i socialisti e i democratici, sempre di enorme rilevanza mondiale. Iniziò così una sfida che riporta l’intero pianeta ai tempi della “guerra fredda” (volontà dell’ex-presidente Usa, Obama) con lo schieramento progressivo di forze militari russe al confine orientale dell’Ucraina e di truppe/armamenti della Nato nei paesi baltici, per proteggere l’Europa da un possibile attacco russo. Un allarme diffuso da Washington anche in relazione all’imminente invasione russa, portando la crisi in Ucraina al tavolo del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

Nonostante numerosi incontri fra i ministri agli esteri russo e statunitense e vari tentativi di mediazione dei presidenti turco e francese, la situazione è in stallo anche se la Nato parla di “escalation” e annuncia l’inizio di un conflitto su larga scala già a primavera di quest’anno. Tanto da aver iniziato a rifornire le milizie ucraine di tonnellate di armamenti leggeri e predisponendo crescenti schieramenti di truppe occidentali sui confini occidentali dell’Ucraina, intanto che i colloqui diretti non vanno bene e le parti in causa non riescono (o forse non vogliono) trovare un punto di accordo.

Vediamo i punti essenziali in discussione.

Il primo riguarda la collocazione dell’Ucraina nella sfera occidentale, in particolare il suo ingresso nella Nato: atto che la Russia non accetterebbe mai e diventerebbe il casus belli per un conflitto generalizzato e diretto con la stessa UE. La cui difesa è in mano alla Nato e non è certamente in grado di contrastare le capacità belliche dei russi. Anche vista l’estensione vastissima del territorio ucraino. Per Mosca, l’Ucraina è la “linea rossa” oltre la quale l’Occidente non può andare.

Si consideri che l’eventuale ingresso dell’Ucraina nell’UE avrebbe ripercussioni senza precedenti sia sulle Politiche Comunitarie (a cominciare dalla PAC), che sui Piani finanziari e di sviluppo europei, nonché sull’Agenda strategica della Commissione, sui trattati istitutivi e sui meccanismi decisionali dell’UE. Senza contare l’impatto di spostare i confini “comunitari” molto a Oriente, entrando a contatto diretto con Russia, CSI, Turchia, area del Caucaso e del Mar Nero, quindi con l’Asia centrale.

La posizione europea è appiattita su quella degli USA e della Nato (in nome di un ritrovato “atlantismo”), nonostante i tentativi “sovranisti” di Francia e Germania (in evidente conflitto di interessi), e l’UE è totalmente assente al tavolo delle trattative e la PESC/PESD “non pervenuta”: la decisione verrà presa da Washington e dai vertici della Nato, riportando così l’Europa agli Anni Cinquanta del secolo scorso.

Oltre all’aspetto geopolitico, uno dei temi centrali della crisi in Ucraina è quello energetico: infatti, dal paese slavo passa il gasdotto principale che rifornisce l’Europa di gas metano, che negli ultimi anni ha comportato un forte aumento del prezzo d’acquisto se non addirittura il blocco dell’afflusso! Inoltre, la Russia e la Germania hanno da anni avviato il secondo gasdotto (“Nordstream2”) che però oggi è ostacolato dagli Usa, divenuti in poco tempo i principali fornitori di gas dell’Europa (45% del totale importato a fine 2021).

Anche altri settori sono fortemente interessati dalla crisi in Ucraina, quali l’agricoltura (lo stato di Kiev è uno dei maggiori produttori di grano e cereali al mondo), la finanza (da anni le grandi banche europee hanno investito enormi risorse in Ucraina) e le grandi reti dei trasporti europei (uno dei “corridoi” dovrebbe terminare nella capitale ucraina).

A questo punto diventa interessante riscoprire la geografia e la storia dell’Ucraina. Trattasi di uno stato sovrano solo dal 1991, una Repubblica presidenziale che raccoglie oltre  42milioni di abitanti (5° nella classifica dell’UE) e si estende per oltre 570mila kmq (è più grosso di qualsiasi stato membro UE). Da sempre “granaio” della Russia, dispone di grandi industrie lungo i fiumi principali che attraversano il paese da nord a sud per sfociare nel Mar Nero (Dnestr, Dnepr, Don), in un territorio in gran parte montuoso e stepposo separato dal canale fluviale del Don, dove si situano le città principali (Kiev, Odessa,  Karkiv, Dnipro, Donez) abitate dalla gran parte della popolazione. L’Ucraina possiede una propria valuta, un Pil che è il 58° al mondo ed un Ppc tra i più poveri sulla Terra, parla la lingua ucraina, è membro dell’Onu e dell’Ocse (ma non della RSI).

Sul piano storico, l’Ucraina è pienamente connessa con le radici e le origini dell’Europa, essendo stato per secoli la terra di passaggio/stanziamenti di gran parte dei popoli e delle etnie che oggi abitano l’UE. Abitata da sempre dagli antichi Sciti, divenne la corsia diretta di accesso dei “popoli delle steppe” e degli Slavi all’Europa orientale: vi sono transitati gli Ostrogoti, gli Unni, gli Avari, gli Slavi del Sud, i Bulgari e i Magiari, prima di essere inclusa nel Regno dei Khazari, che fu importante alleato dell’impero bizantino per secoli prima di essere distrutto dai Rus’ nell’XI secolo.

Qui si ebbe la svolta nella storia ucraina perché l’istituzione del Principato di Kiev (X secolo) era condizionata alla fondazione del Patriarcato cristiano di Kiev (poi divenuto ortodosso) e alla “bizantinizzazione” della civiltà russo-slava, che perseguiva a Oriente il processo di cristianizzazione dell’Europa. Altri principati russi di Chernigov, di Pereyaslavl e di Volynia furono in mano alla dinastia dei Rurikidi (che fondarono Kiev nell’862) per secoli, fino all’occupazione da parte dei Tartari (Khanato dell’Orda d’Oro) nel XIII secolo. Liberati dai Lituani. che giunsero a controllare gran parte dell’Ucraina nel XIV secolo, mentre le coste sul Mar Nero venivano conquistate dall’impero turco, l’intero paese venne infine ceduto a Ivan IV Zar della Moscovia nel XVI secolo: da quel momento l’Ucraina divenne parte integrante della Russia fino al 1917.

Segnando il confine occidentale verso l’Europa, lungo le catene montuose dei Balcani e dei Carpazi, via d’accesso al Mar Nero e allo Stretto dei Dardanelli, l’Ucraina divenne un avamposto strategico per l’impero russo in tumultuosa espansione: al punto che nel 1853 le potenze occidentali (Francia e Gran Bretagna) decisero di intervenire in Crimea per impedirne la conquista russa (ricorsi storici…). A fine Prima Guerra Mondiale, l’Ucraina si rese indipendente ma durò poco e fu annessa all’Urss, di cui seguì il destino fino alla sua dissoluzione nel 1991. Va sottolineata l’importanza storica del Patriarcato di Kiev fondato da Vladimir I nel 980 e rimasto la guida della chiesa ortodossa slava fino al XVI secolo, quando Mosca fu elevata a sede dello Zarato e della Chiesa russa.

Da questi cenni storici e dai dati geografici e macroeconomici esposti, s’intuisce che la soluzione alla crisi in Ucraina non può che essere una: non deve entrare nell’UE e tantomeno nella Nato (non avrebbe coerenza col mandato), perché sposterebbe il confine europeo troppo a Oriente, ponendosi in conflitto con la Russia e la Turchia, perché si tratta di un paese troppo grosso e popoloso, difficile da amministrare (si pensi solo all’adeguamento alle normative comunitarie) e perché non ha un nesso storico e metterebbe in crisi il futuro della stessa UE, creando tensioni interminabili sui delicati issues di energia, agricoltura, finanza ed Euro, di fatto paralizzando la CEE. E infine, perché sarebbe volontà dei Dem statunitensi e non del popolo ucraino.

 

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crisi in Ucraina

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Ucraina nell’UE: forse mai?
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