La storia dell’integrazione europea è connessa alle dinastie italiane che a partire dal IX secolo divennero feudali nella penisola, sede dell’antica Diocesi Italiae dell’Impero romano posta aldiquà della catena montuosa delle Alpi. Vincolate alle tradizionali auctoritas cristiane sin dagli inizi del Medioevo, divenendo protagoniste dell’Europa Unita in epoca rinascimentale e moderna, soprattutto grazie ai legami di sangue con le principali genealogie europee.
Dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente (476), l’Italia era finita in mano ai “barbari” (Ostrogoti, Vandali) ma fu riconquistata dall’Impero bizantino (553), che vi istituì l’Esarcato di Ravenna (sede imperiale) e i Themi di Puglia e Sicilia poco prima dell’invasione dei Longobardi, i quali occuparono la Pianura Padana e il centro-sud creando ducati autonomi a Torino, Verona, Lucca, Spoleto e Benevento.
Una situazione che si protrasse fino al 774 quando Carlo Magno (vedi articolo) li cacciò fondando il Regnum Italiae che assegnò a suo figlio Pipino, consentendo alla Nobiltà Nera papalina di creare il Patrimonium Petri, fondamento dello Stato della Chiesa che unificando Roma a Ravenna divise per secoli la penisola in due. Il centro-nord rimase sempre incluso nel Reich, conteso per due secoli dalle diverse dinastie franche legati ai Carolingi (vedi articolo), mentre il sud venne frazionato fra Longobardi, Bizantini e i Saraceni che conquistarono la Sicilia nell’853 fondandovi un Califfato vassallo all’impero arabo islamico.
Fra le casata emerse al tempo vi erano i Bonifaci, di origine bavarese discendente da tal Bonifacio infeudato della Contea di Lucca direttamente dall’Imperatore Carlo I (810): egli allargò il controllo all’intera Toscana settentrionale, creando un feudo fedele ai Carolingi anche durante le lotte per il titolo imperiale del X secolo, che vide Adalberto I catturare il Papa e ricevere la scomunica. Un precedente che si ripeté nel corso delle lotte di potere che coinvolsero la Chiesa di Roma (vedi articolo) e portarono il Marchese ad uccidere Papa Giovanni X, con grande sdegno di tutti! Ciononostante, essi rimasero Vicari d’Italia fino al 1027 quando trasferirono il titolo ai Canossa, i quali unirono la Marca di Toscana all’Emilia e al Ducato di Verona, garantendo l’equilibrio politico italiano fino all’ultima Matilde, Regina d’Italia (nel suo castello si tenne il famoso “pentimento” dell’Imperatore Enrico IV).
Seguirono gli Obertenghi: ramo cadetto dei Bonifaci e fautori dell’annessione al Reich dell’Imperatore Ottone I nel 962 (vedi articolo), furono premiati con le marche di Milano e di Genova (nate dalla spartizione della Marca d’Ivrea coi Anscarici e coi Aleramici) e la tutela dell’Abbazia di Bobbio. Vasti feudi in seguito divisi fra i rami discendenti dei Pallavicino, dei Malaspina, dei Cavalcabò e dei Parodi, mentre da un altro ramo discese la casata degli Estensi, che con Alberto Azzo I si schierò a favore di Arduino Re d’Italia contro gli imperatori del Reich (vedi articolo): egli diede vita ad una delle dinastie più importanti della storia dell’Europa Unita, per secoli Signori di Ferrara, di Modena e di Reggio Emilia e principi ecclesiastici, si inserirono nel gioco delle politiche matrimoniali delle genealogie europee fino all’estinzione nel XIX secolo nella casata dei Asburgo-Este. Inoltre, da suo nipote primogenito discese in linea maschile la casata dei Guelfi-Brunswick, eredi dei Welfen e subito infeudati del Ducato di Baviera, veri protagonisti dell’integrazione europea fino ai nostri tempi!
Gli Arduinici, invece, erano di origine franca: discesi in Italia al seguito dei Anscarici, furono infeudati della Contea di Auriate e ricevettero la Marca di Torino dall’Imperatore Ugo di Provenza per aver liberato il Piemonte dai Saraceni (940). Dopodiché divennero titolari della Marca Arduinica che univa il Piemonte Occidentale alla Liguria, finché non si estinsero lasciando i feudi ai Savoia (vedi sotto) e ai Aleramici.
Questi erano discendenti da Aleramo, un cavaliere di origine borgognona che si erse a paladino cristiano contro i Saraceni, ricevendo come premio la Contea di Savona e la mano della figlia dell’Imperatore Berengario II, che egli appoggiò nella lotta per il titolo ottenendo l’infeudamento nel Monferrato (954) e nella Liguria di Ponente. Dai figli si originarono il ramo principale, che fu elevato al titolo di Re di Gerusalemme (1187 – 1212) poi ceduto all’Imperatore Federico II (vedi articolo), pur rimanendo Marchesi del Monferrato fino all’estinzione e al passaggio ai Paleologo (1301), e gli altri casati derivanti dai Marchesi di Saluzzo (Incisa, Busca, Lancia, Ceva, del Carretto, Gravina, etc.), che estinguendosi portarono via, via i loro feudi ai Savoia.
Di provenienza incerta (probabilmente dal Cantone di Lugano) erano i Visconti: appartenenti alla “Milizia di Sant’Ambrogio” in epoca carolingia, divennero Consoli del Comune di Milano nel XII secolo, quindi Signori che espansero la propria influenza alle valli alpine e ai fondamentali passi verso la Germania. Come da antica tradizione germanica, si spartirono i sempre più vasti feudi fra i vari rami (Groppello, Carbonara, Albizzate, Borromeo, Motta, Modrone, Cislago, etc.), mentre quello principale si schierava nel fronte ghibellino alleato ai Da Romano di Treviso e ai Della Scala di Verona nella lotta con la Repubblica di Venezia per il controllo della Pianura Padana, conclusasi con la Pace di Lodi (1450). Coi fratelli Matteo II, Galeazzo II e Bernabò, i Visconti espansero il loro potere alla Lombardia e al Piemonte Orientale, finché Gian Galeazzo venne elevato a Viceré d’Italia e si legò in via matrimoniale ai Valois, aumentando il prestigio della casata anche grazie al matrimonio di sua cugina col Duca di Stiria dei Asburgo (fu la nonna dell’Imperatore Federico III). Dopodiché la dinastia milanese si estinse nel matrimonio dell’ultima con Francesco degli Sforza, capostipite della nuova dinastia ducale.
Famiglia di origine marchigiana (ma probabilmente di antica ascendenza romana) si affermò nell’antica Pentapoli bizantina con Muzio Attendolo, famoso capitano di ventura che ebbe diverse mogli da cui discesero i vari rami della dinastia: il primogenito era Francesco, Duca di Milano e Conte di Pavia, che guidò la guerra con Venezia per il controllo della Pianura Padana e dei traffici commerciali verso il centro Europa, mentre i suoi discendenti furono coinvolti nelle “Guerre d’Italia” fra la Francia e la Spagna, che infine annesse il ducato trasformandolo in Vicereame; gli altri rami si infeudarono nelle Marche e nell’Umbria, nell’alveo dello Stato della Chiesa.
Tra le famiglie della nobiltà papalina vi erano i Gonzaga: Signori dell’omonima città, si estesero alle città di Parma, di Modena e di Mantova con Luigi I Vicario imperiale, sebbene la famiglia fosse schierata nei “guelfi”. Dopodiché divennero Signori di Reggio e si spartirono i feudi fra i diversi rami (Guastalla, Novellaro, Palazzolo, Sabbioneta, …), stringendo alleanza coi Visconti contro Venezia e inserendosi nella nobiltà europea del tardo Medioevo. Al punto da ereditare il Marchesato di Saluzzo dai Paleologo con Federico II, alleato all’Imperatore Carlo V (vedi articolo) nella lotta contro la Francia e i Protestanti, i cui figli sposarono le figlie dell’Imperatore Ferdinando I dei Asburgo mentre un altro ereditava il Ducato di Nevers dando vita all’ultimo ramo estintosi a inizi XVIII secolo, quando il Marchesato di Mantova fu incluso nel Vicariato del Lombardo-Veneto ed il Marchesato di Saluzzo venne inglobato dai Savoia.
I Farnese, invece, Signori di Orvieto sin dal XII secolo e partigiani guelfi, divennero i “capitani del popolo” in città come Siena, Bologna e Firenze, legandosi sempre più ai nobili papalini (Aldobrandini, Fieschi, Orsini, etc.), tanto da raggiungere il soglio pontificio con Paolo III, il Papa che promosse il Concilio di Trento contro la Riforma in alleanza con Carlo V. Il quale concesse una figlia illegittima in sposa a Ottavio, Duca di Parma e Piacenza da cui nacque Alessandro, Governatore dei Paesi Bassi e gran capitano del fronte cattolico durante le “guerre di religione”. La fama della casata crebbe ancor più coi ripetuti matrimoni con gli Estensi, i Gonzaga e i Medici (vedi sotto) fino a raggiungere l’apogeo con l’unione dell’ultima al Re di Spagna, Filippo V dei Borbone di Napoli (vedi articolo), che ereditarono il Ducato di Parma e Piacenza a fine XVIII secolo.
Altra grande famiglia guelfa e gloriosa del centro Italia furono i (de’) Medici: originari di Firenze dal capostipite Gianbuono (XII secolo), mercanti e banchieri, si elevarono a Signori della capitale toscana con Cosimo “detto il vecchio” (1434), grande stratega e politico, ed il fratello Lorenzo: dal primo discesero Lorenzo “detto il magnifico”, magnate e fautore del Rinascimento, e due Papi (Clemente VII e Leone X) che furono decisivi a favore di Carlo V nel confronto franco-spagnolo , nonché due Regine di Francia coi Valois e coi Borbone; dal ramo cadetto discesero il celebre capitano di ventura Giovanni “dalle bande nere” e tutti i Granduchi di Toscana fino a metà XVIII secolo, quando il feudo passò in eredità ai Asburgo-Lorena.
Per quanto riguarda il Sud, i vari ducati longobardi, possedimenti bizantini e altri soggetti politici autonomi vennero unificati dalla dinastia normanna dei Altavilla nel 1130, quando Ruggero II Conte di Puglia e di Calabria si incoronò nella cattedrale di Palermo a Rex Siciliae. Titolo che venne ereditato nel 1194 per via matrimoniale dall’Imperatore Enrico V dei Hohenstaufen, che lo tennero per alcuni decenni, quando Carlo I dei Angioini lo prese militarmente (1266). Ma il suo stile non era gradito ai siciliani, che si rivoltarono coi “vespri” del 1282 chiamando sul trono isolano la dinastia iberica dei Bellonidi regnanti in Aragona (vedi articolo), in via di espansione nel Mar Mediterraneo e già presenti in Corsica e in Sardegna: quest’isola era divisa da fine X secolo in quattro Giudicati, tenuti dalle dinastie francesi dei Lacon-Gunale e dei Baux-Bel Balzo. La contesa aragonese-angioina perdurò fino alla metà del XV secolo, quando la nuova dinastia regale spagnola dei Trastàmara (che discendeva direttamente dai Anscarici) annesse l’area continentale nel “Regno delle due sicilie”, tenendolo indipendente o annesso al Regno di Spagna fino al 1700, quando fu ceduto alla nuova dinastia regale spagnole dei Borbone. I quali cedettero il Regno di Sicilia ai Savoia (1713) e il restante Regno di Napoli ai Asburgo d’Austria (vedi articolo), i quali si scambiarono i troni nel 1720. Cosa che non piacque a Carlo VII Re di Spagna che si riprese entrambi i regni nel 1733, fondando la dinastia dei Borbone di Napoli che li unificò nel nuovo Regno delle due sicilie fino al 1860, quando lo persero per mano del Gen. Garibaldi che infine lo cedette ai Savoia Re di Sardegna.
Questi ultimi (ma non ultimi), provenivano dalla Borgogna Trasgiurana, sebbene l’origine del capostipite Umberto “detto biancamano” sia incerta fra diverse ipotesi: uomo d’armi abile e prudente, aiutò l’Imperatore Corrado II ad impossessarsi del Regno di Borgogna (1033) all’estinzione dei Welfen e ricevette i feudi del Chiablese, del Vallese e di Savoia, che unì alla Moriana insieme all’Abbazia di San Maurizio in Aguano (la più antica d’Europa, eretta in onore al comandante della Legio Tebe divenuto simbolo dei miles christianorum), in modo da poter controllare i principali passi alpini fra l’Italia e la Lotaringia. Suo figlio Oddone estese l’egemonia della Casa di Savoia alle Valli d’Aosta e di Susa, alla Contea di Torino e fino al Mar Tirreno, grazie al matrimonio con l’ultima degli Arduinici (1046): da quel momento la dinastia divenne protagonista del corso degli eventi italiani ed europei, legata alle genealogie imperiali e regali del Reich, tanto che la figlia sposò l’Imperatore Enrico IV dei Salici e suo nipote si unì alla sorella di Raymond dei Anscarici, capostipite della casa regale della Castiglia-y-Leòn. Tale politica matrimoniale e di buon vicinato dei Savoia perdurò per secoli, portando a ottenere il Vicariato d’Italia dall’Imperatore Federico II, seppure ebbe la rivalità dei Aleramici e dei “cugini” Conti Acaja, che si erano impossessati dei passi alpini per la Francia ricevendo il titolo di Signori del Piemonte: questa casata si estinse agli inizi del XV secolo con Ludovico I, che aveva occupato Torino fondandovi la Univesitas (1405) e ricevendo il collare dell’Ordine dell’Annunziata, prima di cedere tutti i suoi possedimenti al nipote Amedeo VIII dei Savoia. Costui fu uno dei principali membri della casata, figlio del “Conte Rosso” e nipote del “Conte Verde” (che probabilmente ispirarono l’opera “il Corsaro Nero” di De Amicis), due forti guerrieri alleati ai francesi e protagonisti delle guerre che portarono l’Italia alla Pace di Lodi. Accordo raggiunto anche per l’opera di mediazione di Amedeo, che gli valse il titolo di Duca e l’elezione ad Antipapa (Felice V), che gestì dalla Diocesi di Ginevra fino alla rinuncia per consentire la riunificazione della Ecclesia Christiana in Pars Occidens (1449). Suo figlio Ludovico I ereditò in via matrimoniale il Regno di Cipro ed estese i possedimenti a Nizza, continuando a legare il ducato ai Valois regnanti in Francia e ai Visconti-Sforza Duchi di Milano. Estintasi la linea principale, il Ducato passò al ramo cadetto (fine XV) cui apparteneva Emanuele Filiberto “detto testa di ferro” nipote dell’Imperatore Carlo V, che lo trasformò in una potenza militare abile per secoli a difendersi dalle continue invasioni della Francia, grazie all’alleanza coi Asburgo che affidarono ai Savoia il Vicariato d’Italia dal XVI secolo. Dopo un’altra lotta in famiglia fra il Duca e sua moglie “madama Cristina” di Francia (sorella del Re Luigi XIII) e la linea di Carignano, i Savoia ottennero il rango regale in Sicilia e poi in Sardegna con Vittorio Amedeo II: salvatosi dall’assedio francese grazie all’intervento del cugino Principe Eugenio Feldemaresciallo d’Austria (poi divenuto Vicario del Lombardo-Veneto, a promessa di quella vittoria fu edificata la Basilica di Superga che domina Torino), aggiunse anche il Marchesato del Monferrato ai suoi feudi e avviò la politica delle alleanze alternate (“giri di walzer”) che consentì ai Savoia di sopravvivere alla “epopea napoleonica” e alla Rivoluzione Francese, restaurati sul trono dal Congresso di Vienna (1815). Dopodiché la corona passò al ramo dei Principi di Carignano con Carlo Alberto, che nel 1849 guidò la prima Guerra d’Indipendenza italiana da cui uscì sconfitto, abdicando e concedendo lo Stautto Albertina (base della Costituzione dell’attuale Repubblica Italiana del 1948). Suo figlio Vittorio Emanuele II perpetuò il progetto dell’unità nazionale fino ad ottenne il titolo di Re d’Italia (1861) col pieno benestare delle principali potenze europee, inserendo il giovane regno nel consesso della politica internazionale che permise infine di annettere e porre fine al millenario Stato della Chiesa. Sotto il regno di Umberto I, l’Italia divenne una potenza economica e si alleò agli imperi eredi della tradizione cristiana e dell’antico diritto romano-comune europeo, scelta che fu forse il motivo del suo assassinio: l’erede Vittorio Emanuele III regnò per quarantacinque anni attraversando le due Guerre Mondiali, che costarono all’Italia la perdita dell’indipendenza politica e la fine dell’antico regnum istituito nel 781, trasformato in Repubblica (1946).
Tutto l’argomento delle “dinastie divine” e delle discendenze è trattato in modo più approfondito nella Parte IV del Libro.
Per avere un’idea più completa degli schemi genealogici e dei rapporti fra le casate e i regni/paesi europei vi invito a visionare le Appendici: sarà più facile capire la storia dell’integrazione europei e le origini e radici dei popoli e degli Europei. Potrete aiutarvi anche consultando le Cartine storiche originali De Agostini che trovate allegate al fondo del libro.
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Di Savoia e altre dinastie italiane si parla anche nel mio libro
STORIA DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA IN 2500 ANNI
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