La storia dell’integrazione europea passa inevitabilmente per Carlo Magno, primo imperatore cristiano occidentale del Medioevo che cambiò il destino degli Europei e della politica internazionale del tempo e nei secoli a venire.
Fu talmente ammirato dai contemporanei da divenire Charlemagne, simbolo e icona intramontabile, nonostante della sua vita sappiamo assai poco, perlopiù grazie alla Vita Karoli Magni redatta del suo scriba di corte. Era uomo saggio e magnanimo, dotato di costanza nella buona e cattiva sorte, paziente nel sopportare l’ostilità dei Sassoni, fisicamente robusto e alto, era sportivo e amava nuotare, tanto che fece costruire una grande piscina nel Palatium di Aquisgrana per fare il bagno con gli amici. Aperto con tutti, fu sempre circondato da molte persone, impulsivo e caparbio, mangiava molto, era loquace ed estroverso, non nascose le sue emozioni quando morirono figli/figlie o l’amato nipote Roland o l’amico Papa Adriano I.
Ma la sua fama è dovuta all’atto che cambiò per sempre la storia dell’Europa: come tutti sappiamo, durante la messa di Natale dell’800 d.C., in San Pietro, Papa Leone III prese una corona e la pose sul capo dell’ignaro Carlo, mentre i presenti lo acclamavano per tre volte «Carolo, piissimo Augusto, a Deo coronato, magno et pacifico imperatore, vita et victoria!», quindi s’inchinò al sovrano in ossequio all’antichissima usanza liturgica romana delle Ordines coronationes.
Imperatore per caso, quindi, o “uomo del destino”? Certamente fu politico efficace, abituato a prendere decisioni anche di enorme rilevanza: come quando risolse una disputa religiosa arrogandosi l’auctoritas che non gli spettava, richiamando quella di Costantino e riservata tradizionalmente ai Basileius orientali. Coi quali dovette scendere a patti nell’812 d.C., accettando il titolo di Romanorum Gubernans Imperium per non contrastare con la figura sacra e di unico reggitore dell’Impero cristiano (vedi il Sommario parte II del mio saggio).
Con l’appoggio a Leone III, inviso alle antiche famiglie papaline romane che volevano ucciderlo, intervenne in quanto patricios protettore di Roma nei fatti interni della Chiesa e assolse il Papa da tutte le accuse, abbracciandone la linea “apostolica” ispirata a San Pietro, secondo cui il Vescovo di Roma era superiore a tutti gli altri, ossia il Caput Ecclesiae Christiana, dirimendo così una questione su cui i Cristiani dibattevano da secoli.
Peraltro, i Franchi avevano scelto il Cattolicesimo sin dai tempi della diffida all’arianesimo, che aveva permesso l’Impero bizantino di imporsi in Pars Occidens con la dottrina ortodossa e la legge romana. Fra tutti i Germani, erano stati quelli che più si erano romanizzati, già dal III secolo d.C., e avevano occupato gran parte dell’ex-Impero romano ereditandone la corte regia costantinea e i funzionari di palazzo, che portavano il titolo di Comes o di Maior Domus. Quest’ultimo amministrava i beni della famiglia reale e del regno, in particolare le sedi pubbliche ex-romane a Reims, Metz, Rouen, Parigi, Soissons, Orleàns, Chàlon (le capitali di feudi secolari che avranno un’influenza continua nella storia dell’integrazione europea).
I Maggiordomi più famosi furono membri delle famiglie di ascendenza di Carlo: i Pipinidi (cui si devono i nomi Carlo e Pipino), la cui origine era riconosciuta da tutti “per la fama e la gloria dei loro antenati”, e i Carolingi, discendenti da un’antica famiglia latifondista gallo-romana, che con Pipino di Herstal divenne tenutaria dei regni dell’Austrasia e della Neustria e con Carlo “detto il martello” assurse a dominus dell’intero regno. Costui ampliò i confini franchi e sconfisse i Saraceni nella mitica battaglia di Poitiers (732), ergendosi a protettore della cristianità in Occidente, sebbene non intervenne mai a difendere la Chiesa romana dai Longobardi.
Cosa che, invece, fece suo figlio Pipino “detto il breve”, su richiesta dei Papi che gli avevano concesso la corona di re dei Franchi spodestando gli “inutilis” Merovingi, ricevendo in cambio la promessa (“promissio carisiaca”) di ottenere in feudo le terre liberate (che invece dovevano tornare ai proprietari legittimi di Bisanzio!): fu l’atto di fondazione del Patrimoium Petri. La fede mosse il sovrano franco, in accordo con San Bonifacio (andò missionario in Germania sotto la protezione di Pipino), anche quando fece riportare le ossa di San Benedetto a Montecassino.
Arbitro unico della situazione, dal matrimonio con Berta de Laòn (anch’ella una carolingia) nacque il suo primogenito Carlo, cui seguì Carlomanno, entrambi consacrati col padre nella cerimonia di incoronazione con unzione papale a Reims, secondo la tradizione augustea: Pipino divenne così il “nuovo Davide” dei Franchi, nonché patrizio difensore della Chiesa, riuscendo ad ampliare ancora i confini a tutta l’Aquitania, la Narbonense, la Frisia, la Svevia e la Baviera, prima di passare lo scettro al figlio.
Il quale si dedicò immediatamente alle campagne di conquista e di cristianizzazione dell’Europa, dove instaurò un nuovo sistema di Circoscrizioni e Vescovadi evoluzione diretta delle antiche Diocesi romane. Quindi, intraprese la missio contro i Sassoni nel 772, durata circa trent’anni, promettendo che li avrebbe sottomessi e convertiti tutti, oppure annientati: infatti, col Capitulatio de partibus Saxonie (782) impose loro la conversione al Cristianesimo, ma dovette fronteggiare ogni anno la sfida di Witichindo, leader delle tribù del nord, finché riuscì a sconfiggerlo e annettere tutta l’area fino all’Oder. Che riorganizzò in Arcivescovadi e con nuove città, collocando uomini franchi e/o fidati nei ruoli politici chiave, lasciando però intonsa la casta dei latifondisti che divennero sudditi dell’Imperatore.
Oltre alla Sassonia, caddero nelle mani di Carlo anche la Turingia, le Marche settentrionali fino all’Elba e tutta l’area germanica centrale fino ai confini con la Baviera. Nella successiva campagna contro gli Avari, unì anche la Boemia, la Pannonia e la Carinzia ai possedimenti dell’Impero, sequestrando l’immenso tesoro del khan avaro, bottino di secoli di incursioni e razzie in tutta Europa.
Poté così riorganizzare il regno secondo il modello del Feudalesimo e l’ordinamento costantineo: impose a tutti gli abitanti dell’Impero carolingio il giuramento al nomen Caesaris (che imponeva obbedienza a Dio e all’Imperatore), la difesa del Cristianesimo, dei poveri e delle vedove, il rispetto delle proprietà imperiali. Soprattutto, stabilì la fedeltà al Signore, in modo da garantirsi la sovranità assoluta e impedire alleanze fra nobili o guerrieri contro di lui.
Non esitò a far valere questo principio nemmeno col suo figlio maggiore Pipino “il gobbo”, che diseredò, né col nipote Tassilone di Baviera, che dovette rinunciare ai suoi diritti regali e dinastici anche per i discendenti. Inoltre, sancì equità e tassazione uguale per tutti, attraverso un nuovo sistema di potere economico e di burocrazia gestito dai Conti e dai Marchesi, mentre i Duchi si occupavano della difesa del territorio dagli attacchi esterni. Recuperò le leggi barbariche in uso nei vari regna annessi e ne fece un Capitolare unico, insieme alla Regola di Benedetto e alle norme civiche d’antica origine romana dedotte dal Codex. Introdusse il “vassallaggio” ai fedeli servitori, cui riconosceva la commendatio di un feudo da coltivare o gestire per ricavarne sostentamento e i tributi dovuti.
S’intravedono qui le prassi degli Ordini cavallereschi in uso nell’età medievale/rinascimentale, recuperata l’antica disciplina della servitù sottomessa per motivi finanziari o militari e anche la condizione del laeto, su cui fu elaborato il ruolo del Cavaliere cristiano. Carlo attuò un sistema di potere militare che perdurò per quasi mille anni in tutta l’Europa Unita, fondato sui Missi Dominici (evoluzione dei Legati dell’antico Imperator romano) e sui Cavalieri, nonché sulla gerarchia religiosa, che ormai aveva sottomesso ai suoi interessi e scopi. Dal IX secolo, centinaia di Contee, Abbazie, Palazzi e Circoscrizioni religiose frazionavano l’Impero carolingio, che si estendeva dai Pirenei all’Elba, fino al limes della Sava-Danubio e al Ducato di Spoleto, costituendo il primo esempio di sussidiarietà amministrativa della storia dell’integrazione europea.
Dalla moglie ufficiale Ildegarda (d’origine alemanna, la cui famiglia divenne ducale in Orleàns e diede altre mogli ai Carolingi), nacquero i tre figli legittimi cui trasferì i suoi possedimenti e titoli: Carlo, Pipino Re d’Italia (781) e Ludovico “ detto il pio”, che divenne Imperatore solo perché i fratelli maggiori erano premorti al padre. Durante la cerimonia di successione nella cappella di Aquisgrana, Carlo lo ammonì ad avere riguardo per le sorelle e gli altri parenti e amici e gli ordinò di auto-incoronarsi in pubblico, innanzi alla nobiltà e ai cavalieri fedeli: era l’inizio di una nuova epoca della storia dell’integrazione europea!
Carlo amava molto le sue figlie: solo una andò in sposa al primo Conte del Maine, capostipite della omonima dinastia feudale. Da figli e nipoti discesero, sempre in via femminile, le più importanti genealogie europee a cui vennero affidati i più grandi feudi dell’Impero: tenendo conto delle nobili origini e dei vaghi legami di sangue con Costantino e con l’antica genealogia regale divina, si può affermare che da lui iniziò una nuova fase dell’integrazione europea.
Morì ad Aquisgrana nell’814, dopo 47 anni di regno, fra le braccia delle sue amate figlie, fu seppellito nella cappella del Palatium, lo stesso giorno del decesso: tutti lo piansero, a cominciare dagli aedi di corte che lo glorificarono a “Padre d’Europa”. Durante il XII secolo Carlo venne elevato alla santità cattolica, si narrò che era stato in pellegrinaggio a Gerusalemme e fu scritta la “chansons de Roland”.
Fu molto amato anche dai successori: Ottone I riprese il suo programma di “rinascita culturale” e iniziò la prassi della incoronazione regale nella cappella palatina, sul trono che fu di Carlo; l’imperatore Ottone III ne recuperò il corpo e lo sigillò in un’urna d’oro; che tempo dopo Federico “detto il barbarossa” fece riporre nell’attuale sarcofago custodito ad Aquisgrana; Filippo II Augusto Re di Francia si disse discendente diretto dall’antico sovrano e ritrovò la sua spada, che fu utilizzata per incoronare i successivi re francesi; mentre i re tedeschi recuperarono tutta la legislazione ordinistica di Carlo; l’omonimo imperatore della casa di Luxembourg si ispirò a lui nel riformare l’Impero, dopodiché, Massimiliano I d’Asburgo disse di esserne un discendente diretto e persino Napoleone affermò: «Je suis Charlemagne!».
Oggi esiste un prestigioso “Premio Carlo Magno”, riconosciuto alle personalità che si sono distinte per l’Europa, e al momento della costituzione della CEE si affermò che ricopriva lo spazio dell’Impero carolingio, cosicché molti politici e intellettuali gli attribuiscono la prima “idea di Europa Unita”.
Tutto l’importanza di Carlo Magno per la storia dell’integrazione europea è descritta in modo approfondito nella Parte I e IV del Libro. Per farsi un’idea più completa degli schemi genealogici e dei rapporti fra casate e regni/paesi europei, vi invito a visionare le Appendici: un supporto utile a capire la storia dell’integrazione europei e le origini e radici dei popoli e degli Europei. Potrete aiutarvi anche consultando le Cartine storiche originali De Agostini allegate al fondo del libro. Approfondire l’argomento e l’intera materia consultando il Catalogo.
Leggi questo saggio sul personaggio di Carlo Magno dello storico inglese J. Laughland Nelson, che indaga sul carattere e le doti di uno degli imperatori più importanti della storia dell’integrazione europea offrendone l’immagine dell’uomo, oltre che del sovrano-guerriero, capace di sentimenti profondi e carnale.
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Di Carlo Magno si parla anche nel mio libro
“STORIA DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA IN 2500 ANNI”