La storia dell’integrazione europea è connessa alle dinastie degli imperatori bizantini che a partire dal V secolo d.C. regnarono nell’Impero romano in Pars Oriensis, all’interno del Limes posto sul corso dei fiumi Sava e Danubio. Connesse da parentale fra loro, iniziarono la tradizione delle genealogie europee della Famiglia Reges Christianorum che si affermarono con l’Impero carolingio fondato da Carlo Magno e continuarono con gli Imperatori del Reich e con gli Zar di Russia. Ossia le dinastie “divine” regnanti nel sistema politico europeo sin dal Basso Medioevo vincolate alle auctoritas universali cristiane e protagonisti dell’Europa Unita fino all’età moderna.Dopo la caduta dell’Impero romano in Pars Occidens (476 d.C.), vi fu continuità con la tradizione giuridica e politica iniziata da Augusto e continuata a Costantinopoli, la “nuova Roma” e capitale di quello divenne l’Impero bizantino, retto da diverse dinastie per quasi mille anni che illuminarono la civiltà europea e furono di fondamentale importanza nella storia dell’Europa Unita.
La prima casata fu quella dei Teodosiani (che in Occidente si era interrotta con Onorio morto senza figli), originatasi dall’imperatore fautore dell’Impero cristiano che poi aveva diviso in due (395): da quel momento, gli Augusti d’Oriente perpetuarono l’Ecclesia Christiana e il Diritto romano interpretando il ruolo del Pater Familia nei confronti dei nuovi regnanti “barbari” e di Defensor Fidei dell’intera Cristianità. Ad esempio, conservando le reliquie di Cristo raccolte ovunque come la “Hodegetria”, l’icona della Vergine Maria che tiene in braccio Gesù bambino e lo indica come fonte di salvezza, la più venerata fra le immagini bizantine inviata da Gerusalemme a Santa Pulcheria, la figlia di Arcadio, e conservata nel monastero della Panagia fino al 1453, quando scomparve. Intanto l’imperatore d’Oriente fece abbattere tutte le statue e i templi pagani, mentre suo figlio Teodosio II intervenne in favore della tesi cristiana “monofisita” nella contrapposizione alla dottrina portata avanti dai Papi (“duplex natura“), prefigurando così il conflitto fra le Auctoritas cristiane che segnò per secoli la storia della Chiesa.
La successiva dinastia di imperatori bizantini fu quella Trace, fondata da Leone I salito al trono grazie ad un accordo col genero e suo successore Zenone: il primo divenne famoso per aver accettato la consacrazione alla potestas divina tramite incoronazione dal Patriarca della capitale e per il salasso di oro (900 Kg!) pagato ai Goti per evitare l’invasione; l’altro, per averli spinti verso l’Italia e per aver presieduto il Concilio di Calcedonia che stabilì il dogma ortodosso della “duplice natura” di Gesù, ribaltando quindi la posizione imperiale e avviando la persecuzione dei monofisiti. Decisioni azzardate che provocarono la rivolta del cognato di Leone, Basilisco, a sua volta destituito dal popolo che volle Zenone sul trono: in quel frangente avvenne però la caduta dell’Occidente, di cui l’imperatore in carica si disinteressò anche perché aveva da fronteggiare la minaccia dei Sassanidi in Medio Oriente. Indi per cui il successore Anastasio I (sposo della regina vedova) fece costruire il Muro Lungo intorno alla capitale e la città fortificata di Dara per proteggerla.
Alla sua morte sopravvenne la dinastia dei Giustiniani, fondata da Giustino I, uomo di fiducia di Leone I, di umili origini dall’Illyricum, fuggito a Costantinopoli a causa delle orde di Attila e divenuto Maggiordomo di corte, nominato dal Senato nel 518: essendo poco colto si mise accanto il nipote e successore, Flavio Pietro Sabbazio Giustiniano I: costui era di cultura e formazione latina, che gli furono utili a emanare il Codex, una raccolta di leggi imperiali romane integrate dagli editti più recenti (inclusi i suoi), cui seguirono importanti juresconsulti sui casi irrisolti (Digesto): un compendio trasmesso ai nuovi regnanti barbarici e che ancora oggi costituisce la base del Common Law anglosassone. Dopodiché l’imperatore avviò la riconquista delle diocesi perdute e possedute dai seguaci dell’Arianesimo, alleandosi alla Chiesa di Roma e ai Franchi, riportando così l’Italia sotto l’autorità imperiale (Pramma Sanctio del 554 d.C.). In quel conflitto dovette subire la rivalità della moglie, Teodora, di fede monofisita, con cui condivise il trono per quasi trent’anni e la santità eterna riconosciuta loro dalla Chiesa Ortodossa.
Anche per aver chiuso definitivamente la Scuola filosofica di Atene, condannato a morte gli idolatri e riposto il Papa sul primo gradino della ierarchia ecclesiastica, accettando di inginocchiarsi al suo cospetto nel momento di accettare la nomina di un Patriarca ortodosso a Costantinopoli! Fin quando il generale Belisario riprese il controllo di Roma e della Diocesi Italiae: allorché Giustiniano I cambiò visione e riportò la Chiesa ortodossa sulla posizione monofisita, attuando la deportazione e l’umiliazione del Papa a Costantinopoli per condannarlo come eretico (“tre capitoli”), in modo da tale recuperare la sua posizione di preminenza sulla Chiesa. Da allora l’Imperator nominò tutti i Vescovi, decise sui dogmi ortodossi e si fece chiamare Vicarius Dei in Terris e Kosmokrator, regnante assoluto nell’Oykumene imperiale e sulla Chiesa universale cristiana, con la sua unica legge. A imitazione di Alessandro “detto il magno”.
Non avendo avuto figli, gli successe il nipote Giustino II, cui seguirono il generale trace Tiberio II e poi suo genero Maurizio, ultimo membro di un’antica Gens romana, famoso per aver redatto lo Strategikon, un manuale di guerra utilizzato dalle truppe bizantine per secoli! Ucciso dal rivale e successore, Foca, poi vendutosi ai Sassanidi cui lasciò l’Armenia, mentre gli Avari avanzavano da nord nel pieno di un’epoca torbida, fu sostituito da un nuovo sovrano, il generale Eraclio I da Cartagine (610), capostipite della dinastia dei Eracliani. Dopo aver sconfitto e respinto tutti i nemici (inclusi gli Slavi, che avevano iniziato a popolare l’Europa orientale) guidando un esercito di miles improvvisati che addestrò personalmente, utilizzando anche le icone di Gesù e di Maria per benedire le mura della città, mentre il Patriarca usava le reliquie e la “Vera Croce” come anatemi, venne osannato come Principe-Sacerdote. Così che poté emanare un decreto per sancire la tesi “monotelita” del Cristo, quindi riformare l’Impero (626) trasformandolo in una Basileia greca, posta al centro dell’Europa cristiana che doveva difendersi dal nuovo pericolo, l’Islam degli Arabi.
Infine, Eraclio militarizzò lo stato bizantino con i Θέματος, territori affidati ai soldati-contadini che divennero la classe sociale più potente, controllando i Senatori, i Burocrati e tutta l’élite dirigente. Costantinopoli continuò pertanto a rappresentare la continuità culturale di Roma, seppure in forma di regno ellenistico-cristiano esteso all’Anatolia, sebbene perse definitivamente l’Egitto, la Siria e la Palestina. Infine, egli riuscì a separare gli Slavi dai Avari, formando principati di Croati e di Serbi insediati rispettivamente in Dalmazia e in Mesia. Alla sua morte (641), gli successero i due figliastri, destituiti pochi mesi dall’esercito che scelse il nipote Costante II, quindi il figlio Costantino IV e infine suo nipote Giustiniano II, con cui la dinastia terminò: costui aveva sposato la sorella del Khan dei Kazari, dove venne esiliato dopo esser stato detronizzato e mutilato; quindi fuggì presso il Khan dei Bulgari, col quale stabilì l’alleanza che gli permise di riprendersi Costantinopoli con pochi uomini forniti da un altro grande rivale del tempo; il capo bulgaro più volte corso in aiuto al Basileius contro gli impostori Leonzio e Tiberio III, e infine venne ricompensato con molti doni e oro. Fu un rapporto di amicizia-rivalità durato quasi trent’anni che avvantaggiò il bulgaro.
Per fronteggiarlo emerse Leone III, capostipite della nuova dinasti di imperatori bizantini dei Isaurici, salita al potere dopo una serie di imperatori anarchici (711-717): di origine siriaca, avviò la “iconoclastia” per recuperare benevolenza da Dio e fece distruggere tutte le icone, tranne la Croce in hoc signo vince di Costantino I. Cosa che spinse la Chiesa di Roma ad allearsi ai nemici Longobardi e alla Repubblica di Venezia, formata in quell’occasione proprio per protestare contro le pretese dogmatiche imperiali. La reazione del Basileius fu terribile: dapprima confiscò tutti i beni ecclesiastici nei Themi di Sicilia e del Sud-Italia; quindi tolse al Papa il potere di nomina dei vescovi orientali; infine abbandonò la capitale occidentale Ravenna all’assalto longobardo del 751.
La situazione si fece confusa: in quel momento i Papi siriaci, in contrasto con Costantinopoli, si alleavano ai Carolingi elevandoli a Imperatori d’Occidente e assegnandogli il regna francorum, attraendo così verso Roma le nuove Gentes germaniche cui fu riservato spazio nella Urbs Aeterna e influenzando la Chiesa inglese per sempre. Il nuovo imperatore bizantino doveva preservare la capitale dagli attacchi arabi, per cui si alleò all’Impero kazaro accettando la figlia del Khan quale moglie per suo figlio ed erede, Costantino V: Irene “detta la kazara” fu donna pia e reggente per il figlio, Leone IV che fece sposare a Irene “detta l’ateniese”, dopo il rifiuto di Carlo Magno a concedergli una delle sue figlie, nel tentativo di evitare lo scontro diretto in Italia, ormai trasformata in Regnum affidato a Pipino. Poi la Basilissa fece accecare il figlio Costantino VI e regnò in suo vece e anche dopo la sua morte, riconoscendo così il nuovo imperatore franco cui propose persino il matrimonio. Ma non se ne fece nulla perché morì nell’802, mettendo fine alla dinastia.
Fu succeduta dal suo Logoteta di fiducia, Niceforo, un aristocratico seleucide che invece rifiutò di riconoscere il nuovo Augusto d’Occidente e lanciò un’offensiva senza precedenti contro i Bulgari (811): allestito un imponente esercito di professionisti provenienti dai Themi balcanici insieme ad un gran numero di mercenari, mise in fuga i nemici che però finsero la ritirata per sorprendere i Bizantini nel sonno e farne strage, incluso l’imperatore e suo figlio ferito a morte. Gli successe il cognato, primo ufficiale del Palatium, Michele I Rangabe, che giunse all’accordo decisivo coi re dei Franchi cui riconobbe il titolo di Romanorum Gubernans Imerium (812), per potersi dedicare totalmente al nemico bulgaro giunto ormai alle porte di Costantinopoli. Ma poco dopo rinunciò (per incapacità manifesta) e lasciò il trono all’esperto generale armeno Leone V, accettando la castrazione dei suoi figli…stessa sorte che toccò ai figli del nuovo basilues dopo il tradimento del suo miglior amico, Michele II (capostipite della nuova dinastia di imperatori bizantini), che aveva sposato la figlia di Costantino VI.
La dinastia Frigia regnò poco ma affrontò passaggi decisivi: infatti, la moglie di Teofilo fu decisiva per l’accettazione della “venerazione delle immagini”, divenuta festa principale della Chiesa Ortodossa dall’843, e pose fine alla “disputa sulla iconoclastia” con i Papi. In senso inverso andò, invece, suo figlio Michele III, quando raccolse la richiesta della Grande Moravia di conversione al Cristianesimo, inviandogli i due monaci San Metodio e San Cirillo e segnando il confine con il mondo cattolico e con l’influenza dell’Impero carolingio. Dopodiché intervenne sui Bulgari con la forza, imponendo al Khan Boris I il battesimo ed il cambio di nome in Maurizio, insieme alla famiglia nella capitale Pliska (864). Un atto che si rivelerà ricco di conseguenze per l’Impero bizantino nei secoli a venire.
Soprattutto con la nuova dinastia di imperatori bizantini dei Macedoni, salita al trono col capostipite Basilio I nell’866 che aveva sposato la sorella del Basileus: riconquistò molti territori ai Bulgari e agli Slavi, avviando la cristianizzazione dell’intera area balcanica (inclusi Serbi e Croati) e riportando Costantinopoli al centro dei traffici con l’Oriente e nel Mar Nero. Seguì il figlio Leone VI, uno dei più longevi e sfortunati poiché perse quasi tutti i possedimenti (Sicilia, Calabria, Siria) e subì l’assedio di Costantinopoli dal Khan bulgaro Simeone, che in cambio della libertà ottenne la concessione dell’Arcivescovado autocefalo di Plovdiv e del titolo di Basileus Bulgarias (913)! Dai quattro matrimoni del Basileus nacque un solo erede da Zoe “carbonopsina”, reggente fino alla maggiore età di Costantino VII: il quale dovette dividere il potere con Romano I “lekapeno”, suo suocero e protettore nonché gran generale, per poi passarlo al figlio Romano II, la cui vedova sposò prima Niceforo II dei Foca e poi Giovanni “tzimisce”, reggenti l’impero fino alla maggiore età dei due legittimi eredi, i fratelli Basilio II e Costantino VIII, figli di Romano II.
Il primo fu forse il più importante e potente fra gli imperatori bizantini: regnò per circa cinquant’anni, ripristinando il ruolo di “faro della cristianità” per Costantinopoli, divenuta potenza militare primaria egemone indiscussa della politica internazionale dell’epoca. Evitato il colpo di mano di Bardas Foca, comandante supremo dell’esercito e membro di una delle famiglia aristocratiche più potenti (nonché padre di Niceforo II), grazie all’aiuto dei Rus’ di Vladimir (cui promise in sposa sua sorella) col quale stabilì un’alleanza perdurata per decenni, che infine portò alla conversione dei Varieghi e alla fondazione dell’Arcivescovado di Kiev, si dedicò quindi ai Bulgari. Dopo una sconfitta iniziale, attuò la perentoria rivincita risalendo la via “Basilika” che terminava ad Aquileia, uccidendo o convertendo tutti i Bulgari che incontrò (da qui il soprannome di “bulgaroctono”): riuscì a configurare una sorta di “Commonwealth” ortodosso di chiese autocefale da opporre ai Musulmani e ai pagani orientali, nonché alla Chiesa romana sulla via dell’eresia. Una volta arrestata l’avanzata dei Fatimidi ad Aleppo, costruì un solido sistema di alleanze con Ottone I e molti sovrani dell’Europa Orientale, coi Rus’ (che intanto aveva distrutto l’antico regno kazaro) e coi vecchi amici Peceneghi. Tale dinastia continuò con Costantino VIII (1025) e le sue figlie “porfirogenite” Zoe e Teodora, che regnarono per oltre trent’anni insieme ai loro numerosi mariti, prima di lasciare il posto a una nuova dinastia di imperatori bizantini, quella dei Komneno.
Con Isacco I inizia un’epoca militarista gestita da poche famiglie imparentate fra loro (Komneno, Dukas, Angelos, Laskaris) assurte al trono imperiale dal 1057 al 1204, quando la IV Crociata cristiana colpì Costantinopoli istituendo l’Impero latino d’Oriente, retto da dinastie della Lotaringia e frazionando il regno bizantino in diverse parti: l’Impero di Trebisonda, in mano ai Komneno discendenti da un ramo cadetto di Alessio I; il Despotato dell’Epiro, tenuto dai Angelos-Dukas nati dall’unione delle due famiglie e dalla figlia di Alessio I; l’Impero di Nicea, tenuto dalla famiglia Laskaris, originatasi dalle ultime discendenti dei Angelos.
Se con Alessio I Komneno si assistette a una spettacolare ripresa dell’Impero, nuovamente allargato all’Anatolia, con la rivalutazione del “byzantinus” e una solida alleanza con Venezia, con Manuele I si giunse a recuperare la Siria e le relazioni diplomatiche amichevoli coi Selgiuchidi, tanto che nel 1162 Sultan Kilij Arslan si recò in visita ufficiale a Costantinopoli ospite del Basileus per progettare insieme una revisione del teismo che includesse le rispettive religioni monoteiste. Una mossa che non piacque certo ai Papi e ai sovrani Cristiani occidentali (che avevano sconfitto il Sultano nella I Crociata), i quali promossero la catastrofe del 1204 da cui l’Impero bizantino non si sollevò più.
Ma mentre anche in Occidente crollava il sogno dell’Europa Unita sotto le tradizionali auctoritas cristiane, la potenza economica di Costantinopoli ebbe un sussulto con l’ultima dinastia di imperatori bizantini, Paleologo, il cui capostipite Michele VIII fu capace di scacciare i “crociati” (1268) e riunificare il regno a Nicea, governando quasi due secoli su un territorio ridotto alla Grecia interna (perduto ormai l’Epiro in mano ai Nemanja di Serbia), all’Acaja e alle antiche polis di Tessalonica, di Atene e di Corinto, sempre più circondati dalle truppe musulmane dei Turchi Ottomani, nuovi padroni del Sultanato islamico.
L’ultimo atto della sfida secolare fu la battaglia del 29 maggio 1453, con l’ultimo degli imperatori bizantini Costantino XI a combattere con soli cinquemila fedeli in armi, leali al Re dei Romaioi, ossia quel “popolo di Cristo” erede degli antichi Romani e depositario della cultura cristiana per oltre mille anni. Eredità poi trasmessa in buona parte al mondo occidentale, che la trasfuse nell’Umanesimo emergente a fine XV secolo, e per il resto alla “terza Roma” che nasceva più a Oriente, con lo Zarato di Mosca.
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